Desidero innanzitutto congratularmi con gli Autori del protologo di Liparis loeselii subsp. nemoralis : so per esperienza che la determinazione di un nuovo taxon comporta sempre studio, lavoro e poi dubbi e tensione, perché il crinale tra variabilità e variazione strutturale in una popolazione botanica è spesso sfuggente. Al giorno d’oggi poi, salvo casi rari, in questo campo è difficile evitare il limite di una valutazione personale, che solo in futuro potrà essere riconosciuta di valore e fissata nel tempo, oppure misconosciuta e condannata all’oblio. Comunque, a mio vedere, lavori come quello della nemoralis rappresentano sempre un travaso di studio e di esperienza, che gli Autori offrono agli altri studiosi e, nel nostro caso, a tutti noi orchidofili del GIROS. Quindi un grazie sincero per il lavoro svolto, anche perché ho invece sempre vissuto con rammarico quando un protologo venga accolto con freddezza e silenzio: e quello che vale non è certo il consenso, anzi apprezzo molto chi mi dica “non sono d’accordo” e me ne spieghi le ragioni. E’ così che si cresce, mentre mi parrebbe proprio autolesionista e sciocco snobbare chi comunque determini un fermento culturale nella nostra Associazione. Un caro saluto poi all’amico Luciano Regattin, di cui ho conosciuto in questo Forum le idee piuttosto conservative in tema di nomenclatura, ma che ora ha incontrato un’Orchidea che lo ha sedotto. Giusto come quegli scapoli monolitici, che cadono di schianto davanti alla donna giusta: con un sorriso, ti do il benvenuto nel club degli splitters! Purtroppo conosco Liparis loeselii giusto di sfuggita, quindi non sono in grado di offrire agli Autori la soddisfazione di una condivisione o di un dissenso giustificati. Vi è però nel protologo un tema che Luca ha subito colto acutamente e che davvero merita sviluppo, ritrovando incidenza su più generi di Orchidacee. Quando una specie si sviluppi in ambiente parzialmente diverso da quello abituale, quasi sempre cambia qualche carattere, ci appare diversa. Il dilemma, davvero pesante nelle sue conseguenze, è presto detto: l’ambiente nuovo ha selezionato caratteri differenti, più favorevoli alla vita, e quindi ora il patrimonio genetico si è fissato in una modifica, che si trasmetterà invariata alle generazioni successive? Oppure la pianta ha solo risposto al nuovo ambiente con adattamenti utili, che però non rispecchiano alcun cambiamento genetico: così il soggetto rimesso in habitat consueto tornerebbe, negli anni successivi, a mostrarsi secondo la norma. Evidentemente nel primo caso ha un senso creare un nuovo taxon, nel secondo invece è tutta apparenza, a volte anche sorprendentemente sviluppata, ma la pianta rimane sempre la stessa. Il genere Epipactis, che noi studiamo, ha in tale ambito il privilegio di mostrare con relativa frequenza e con molte specie diverse fenomeni di questo tipo. Il dualismo principale è dato dal passaggio luce-ombra e vale nei due sensi, sia per specie xerofile, che si ritrovino progressivamente in situazioni più ombrose e fresche, sia per specie di bosco costrette nel tempo a doversi difendersi da luce diretta, calore e inaridimento. In entrambi i casi i cambiamenti sono vistosi e per questo hanno determinato ripetuti errori di valutazione, con la determinazione di specie e sottospecie, che in realtà non esistono. Nelle Epipactis, con elevata frequenza, le variabili di adattamento ambientale di questo tipo difficilmente esitano, nel tempo breve di qualche anno, in selezioni di tipo genetico: le popolazioni fuori habitat o scompaiono con diversa rapidità e progressione, oppure mantengono a lungo inalterato il carattere di reversibilità. Altro aspetto di grande interesse, evidenziato spessissimo dalle Epipactis, ma che può risultare sicuramente trasferibile ad altri generi, è l’inganno apparente di habitat, per quanto concerne il grado di umidità. Nel protologo ho apprezzato l’uso dell’aggettivo “apparente” quando si tratti di definire asciutto l’habitat boscoso della nemoralis: l’immagine splendida del gruppo di 49 piante in fiore, mostra un ambiente che all’occhio della mia esperienza appare invece estremamente umido. È una situazione in cui vedrei perfettamente una Epipactis fageticola. E questa è appunto una delle specie che a volte ingannano brutalmente sull’apparenza dell’habitat. Epipactis fageticola si lega inscindibilmente a umidità elevata, ma può anche trovarsi in luoghi “apparentemente” asciutti o persino aridi. Non per niente convive volentieri con la rhodanensis , pianta alluvionale, ma capace di resistere a dei mezzi deserti assolati, dove assume aspetto talmente estremo da risultare, senza fiori, quasi uguale a distans. In realtà, ovviamente, l’acqua c’è, direttamente per lunghi periodi dell’anno, o per capillarità sotterranea pure quando noi vediamo solo aridità in superficie. Tanto per capirci meglio metto sotto qualche foto della più acquatica delle Epipactis , la palustris. Si tratta del mio posto prediletto per fotografare questa specie, che quasi ovunque vive sommersa nell’abbondanza vegetativa della torbiera. Qui invece le piante crescono isolate, belle scoperte, in ambiente apparentemente aridissimo, in superficie non cresce un filo d’erba: insomma un posto da Ophrys, e difatti a venti metri vi è una stazione di tetraloniae. Naturalmente il trucco c’è, le Epipactis hanno radici profonde, e sotto, in questa frana, l’acqua scorre abbondante. Insomma l’apparenza può ingannare facilmente i nostri sensi circa l’umidità reale. Sicuramente interessante è invece il fatto che dove vive nemorensis esistano contiguità paludoso-torbose non colonizzate dalla pianta. Sarebbe interessante sapere se siano stati fatti esami per capire se l’ambiente possegga attualmente i caratteri fisico-chimici idonei allo sviluppo del genere Liparis. Infine, ancor più sotto, pubblico alcune foto (tecnicamente orribili) di una cosa veramente curiosa. Nel 2006 fummo contattati per e-mail da uno studioso (o studente?) cinese, che ci chiedeva documentazione su alcune Epipactis, che naturalmente inviammo. Con i ringraziamenti ci spedì alcune foto di orchidee, penso della sua terra. Vedendo le belle foto della nemoralis ho avuto un flash back, e sono andato a rivederle: a me pare che abbiano decisamente parecchie affinità con la nemoralis, sicuramente più che con la loeselii classica. Mah, non so davvero cosa pensare! E Voi? Certo , appena determinato un taxon, che uno gliene vada a trovare una stazione nuova addirittura in Cina, mi sembra grossa. A noi fortune del genere non sono mai capitate! Un caro saluto ai cinque Autori e a tutti gli Amici del Forum. Riccardo
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