Non entro assolutamente sul tema delle foto postate da Bruno, perché è da oltre un mese che viaggiare nel settore Epipactis dei forum botanici italiani mi ispira sentimenti desolati. In troppi interventi ho notato imprecisioni, errori e pure qualche fesseria madornale. Ma questo ci potrebbe anche stare, perché i forum sono aperti e non devono certo selezionare gli interventi. Quello che invece mi ha molto angustiato è il modo di pontificare senza mai dubbi e incertezze, come se improvvisamente l’Italia fosse divenuta la culla di una schiera di esperti infallibili nel campo Epipactis. E di rimando, più gli errori si presentavano grossolani, maggiori erano le commosse adulazioni e i ringraziamenti riconoscenti per le preziose informazioni e descrizioni fornite. Insomma una pena. Mi auguro che gli esperti europei di Epipactis, che so girare i nostri forum alla ricerca di immagini interessanti, non siano in grado di comprendere l’italiano. In caso contrario saremmo sicuramente arretrati di trent’anni, quando l’Italia era botanicamente vista come facile terra di conquista e gli indigeni come simpatici caciaroni, un po’ ignoranti e in qualche caso anche vanesi. Penso invece utile qualche parola su quali caratteri di conoscenza e di approccio debba avere uno studioso di Epipactis, prima di iniziare a vantare un po’ di sapere nel campo. Non dirò nulla di particolarmente originale, ma qualche volta pare che stenti ad essere recepito proprio ciò che al contrario dovrebbe risultare ovvio. Il Italia, non so al momento di preciso, dovremmo avere 26 o 27 tra specie e sottospecie di Epipactis. Sicuramente ed incredibilmente non molti le conoscono tutte e sarebbero quindi in grado di identificarle con certezza, ma questo testimonia solo una nostra grande ignoranza su questo genere di Orchidacee. Avendo tempo, voglia e disponibilità a viaggiare una persona che oggi non abbia mai visto un’Epipactis tra due anni potrebbe sicuramente conoscere e identificare tutte le specie e sottospecie italiane. Ma a questo punto sarebbe da definire un esperto? No, assolutamente no. Proprio la diffusa ignoranza nazionale sul tema porta magari a ritenere esperto chi sappia riconoscere le popolazioni tipiche ma, se ci pensate bene, in questo caso il pianeta Epipactis sarebbe davvero molto semplice: cosa volete che sia avere nozione di 27 taxa, non ci vorrebbe molto. Le Epipactis si presentano invece in molti casi come un vero guazzabuglio: secoli di ibridazioni incrociate, mutazioni genetiche, influenze di terreno, ambiente, clima agiscono sul fenotipo e sovente fette imponenti di popolazioni non rispondono affatto in toto alla descrizione di nessun protologo esistente. Chi abbia capacità di orientarsi in questo universo di incostanza e contraddizione, senza sperdersi in fantasie, allucinazioni o descrizione di specie nuove inesistenti, questa persona può a mio vedere definirsi esperto. Sono fresco di viaggio in Calabria e Basilicata e rimango un tantino allibito per il primo intervento dell’amico Antonio, che la realtà delle Epipactis della Basilicata la vive quotidianamente. Tu Antonio mostri dei soggetti di E. meridionalis che ritieni di standard tipico, ma pari dimenticarti completamente di quelle enormi fette di popolazioni variabili, che tante volte hanno alimentato i tuoi dubbi: cosa facciamo, le cancelliamo dalla mente perché non rispondono ai nostri schemi umani, le consideriamo tutte ibridi di prima generazione, oppure ne facciamo cinque o sei specie nuove perché, ragionando secondo recenti parametri usati con le Ophrys, cinque o sei specie nuove ci starebbero comode e ben differenziate? Luciano, per l’amor del cielo, sbaglia pure lui, però ha una qualità rara e preziosa, un colpo d’occhio formidabile nel cogliere parentele e affinità dove altri vedono solo cose strane o diverse. Nel gruppo il mio lavoro è documentare fotograficamente e poi valutare a casa con confronti analitici estenuanti quegli oltre trenta elementi distintivi di un’Epipactis, che quasi sempre recano traccia della sua storia ed origine. Mi capita spesso di impiegare tre giorni per confermare il più delle volte quanto Luciano aveva colto al volo. Ecco, Luciano lo possiamo definire un esperto di Epipactis, ma non proprio e soltanto perché conosce bene i caratteri distintivi delle 26 o 27 specie e sottospecie italiane e pure di qualche altra europea. Queste mie parole, almeno come speranza, vorrebbero aver fornito qualche spunto per inquadrare problemi, difficoltà e necessità che si incontrano nell’affrontare il tema Epipactis. Nel nostro gruppo, praticamente ad ogni uscita, abbiamo sempre un compagno scomodo, ma del tutto indispensabile, il dubbio. E i nostri dubbi ricorrenti cerchiamo sempre di risolverli trovando risposte nelle Epipactis e non solo sui libri che ne parlano, perché altrimenti una fesseria rischia di essere perpetuata nei secoli. E poi, prima di parlare e pubblicare, pensiamo, controlliamo, meditiamo, nella speranza di evitare errori: è una questione di rispetto verso chi legge, che non deve ricevere informazioni sbagliate, e anche di prestigio “allargato” perché, quando ci mostriamo ignoranti e supponenti, riceviamo discredito noi, ma anche un poco la nostra Associazione e pure il popolo cui apparteniamo. Parole al vento? Probabile, ma io ripongo comunque sempre fiducia nelle persone. Ciao Riccardo
|